Terroir, quanto c’è di vero?
Terroir, quanto c’è di vero? Dal lavoro pubblicato sulla “Revue Francaise d’Oenologie”, Juin/Julliet 2011 n. 247 p. 24-29,
“L’etimologia del termine terroir non sembra essere molto chiara perché la sua origine popolare è precedente allo sviluppo della lingua francese scritta. Il termine terroir è maschile e presenta un’alterazione gallo-romana di territorium che ha portato alla parola territoire. Dalla fine del XVII secolo indica “la terra considerata dal punto di vista delle proprie attitudini agricole” e più precisamente viticole”.
Poi il termine si è connotato di un’accezione negativa, indicando problemi legati alla produzione di un determinato territorio.
.
Oggi con il termine “Terroir” si vuole indicare un gruppo di caratteristiche di diversa natura che concorrono alla creazione di un prodotto finale. Ed è diventato così popolare da essere utilizzato da molti produttori per descrivere il proprio prodotto come il risultato di un determinato “terroir”, a volte anche come una sorta di free mail card.
Clima, territorio, cultivar, interventi umani, contribuiscono a delineare la definizione di un terroir specifico. In un’intervista del 2016, fatta a Mario Basco, titolare dell’azienda @i Cacciagalli, è emerso più volte il concetto di territorio. Una frase non ho dimenticato, in cui si esplicita il concetto di terroir: “L’enologia può essere replicata, il territorio e la natura no.
Eppure qualcuno crede che un vino concepito in un luogo possa essere replicato anche altrove: gli americani, ad esempio, hanno individuato un aspetto del terroir che può essere scientificamente misurato, come i funghi e i batteri presenti sulla buccia dell’uva.
A detta loro, la comunità dei campioni di microbi presenti sulle uve determinerebbe, almeno in parte, il differente gusto di vitigni provenienti da zone diverse.
Chi ha ragione, quelli che considerano la nozione di terroir solo un’operazione di marketing, oppure quelli che ne riconoscono la fondatezza? E allora, Terroir, quanto c’è di vero?
.